Ciò di cui vi andrò a parlare oggi è
una questione che mi sta veramente a cuore.
Non sarò l’unico a lamentarsi per la
quasi totale mancanza di informazioni sullo sviluppo di The Last Guardian,
nuovo titolo di Fumito Ueda che sarebbe dovuto uscire per PS3. Molti dei più
giovani, però, che non hanno avuto modo di giocarsi Ico o Shadow of the
Colossus su PS2, difficilmente capiranno il motivo di tale apprensione da parte
di tantissimi videogiocatori. Cercherò quindi di spiegarvi cosa
rappresentarono, e rappresentano tuttora, i precedenti titoli di Ueda nel
panorama videoludico.
All’interno del mondo dei
videogiochi, possiamo individuare due “macro-categorie” di titoli. La prima è
quella dei giochi che hanno l’intrattenimento come unico fine, e, in modo
assolutamente oggettivo, possiamo dire che il maestro di questo filone è
indubbiamente Shigeru Miyamoto, che ha sempre creato ottimi video-giochi, con
una particolare enfasi sulla parte “gioco”.
Vi è poi un altro filone,
quello dei titoli con l’obiettivo di emozionare il giocatore. Qui potrebbe
risultare più difficile individuare un capogruppo, in quanto si tratta di una
categoria nata da relativamente poco tempo, rispetto all’altra. Alcuni potrebbero "erroneamente" porre Hideo Kojima come leader di questa scuola, ma a parer mio, sbagliano, in
quanto il creatore di Metal Gear non ha fatto che un ottimo “collage” di
elementi, unendo a un gameplay ottimo filmati e sequenze - di ottima fattura -
che si pongono l’obiettivo di narrare una storia e muovere il lato emozionale
del giocatore. Il leader non è tantomeno David Cage, che altro non ha fatto se
non ridurre al minimo il comparto ludico per dare più spazio agli elementi
cinematografici, creando una sorta di film (poco) interattivi. Come i più
brillanti avranno già capito, il vero maestro nel campo dei videogiochi
finalizzati ad emozionare il giocatore è proprio Fumito Ueda. Pensiamo infatti
un attimo a Ico, il titolo che lo ha portato al successo: la trama, in Ico, non
è poi tanto complessa, non vi sono lunghi filmati né estenuanti dialoghi. La
direzione artistica di ogni dettaglio del mondo di gioco è però impeccabile, e,
assieme ad essa, ciò che più sorprende di Ico è come tale opera ci sappia
emozionare utilizzando al meglio le possibilità offerte dal medium videogioco.
Non più, quindi, un girare attorno al gameplay per sviluppare una trama
emozionante, come in un Metal Gear qualsiasi (ma l’esempio di potrebbe fare con
infinite altre saghe videoludiche), bensì un utilizzare la giocabilità stessa
per tangere l’animo del giocatore. Nel gioco, infatti, impersoneremo un cornuto
ragazzino, di nome Ico, che dovrà proteggere in ogni momento una leggiadra e
misteriosa fanciulla, di nome Yorda. Proteggere Yorda dagli oscuri nemici, che
cercheranno di trascinarla nell’oscurità, sarà proprio ciò che terrà impegnato
il giocatore per la maggior parte della durata del titolo, causando un Game
Over in caso di fallimento. Man mano che la sua sorte si troverà nelle nostre
mani, finirà per crearsi in noi un senso di apprensione nei confronti della
fanciulla, tanto da farci temere in ogni secondo che possa accaderle qualcosa.
Una cosa simile non sarebbe possibile in altro media che non fosse il
videogioco, ed è quindi questo il motivo che rende Ico un videogioco emozionale
molto più di ogni altro uscito prima d’esso. Anche il suo sequel spirituale
Shadow of the Colossus offre spunti molto interessanti, ma preferirei non
trattarli in questa sede.
Una similitudine con Ico, nell’ultima
generazione, possiamo rintracciarla solo in alcuni titoli indie, e per la
precisione nelle piccole gemme di Jenova Chen, e in particolar modo in Journey,
un titolo che nella sua semplicità sa emozionarci usando il gameplay. Tuttavia,
i titoli di Jenova Chen non raggiungono la grandezza di Ico o Shadow of the
Colossus, in quanto rimangono “piccole gemme”, molto minimaliste, senza
l’aspirazione di essere titoli più complessi.
Dopo questa ampia premessa posso
quindi dire perché The Last Guardian (di cui vi lascio l’ormai antico trailer a
fine articolo) potrebbe essere, se ben realizzato, la nuova frontiera del
videogioco emozionale. Ico ha indubbiamente innovato per i suoi tempi, ma,
anche se con altri fini, di videogiochi in cui dobbiamo proteggere un Intelligenza
artificiale ve ne sono stati parecchi. The Last Guardian, da quanto proposto in
quel poco che sappiamo su di esso, inverte questa premessa: il ragazzino da noi
impersonato sarà debole ed indifeso, ma potrà contare sull’aiuto di un enorme
creatura, di nome Trico, gestita dall’IA. La direzione artistica di quanto
visto è poi superba in ogni suo aspetto, ma la domanda che viene spontaneo
porsi è: come sarà un titolo in cui io, videogiocatore, sono in balia degli
eventi, e devo contare su una forza a me esterna? Di una cosa sono però certo:
se c’è un uomo che può non solo uscirsene con idee così apparentemente
bizzarre, ma anche trasformarle in capolavori, costui è Fumito Ueda.
Spero quindi che Sony faccia presto
luce sullo sviluppo di questo titolo, il cui destino sembra sempre più
incerto a partire da quando Ueda stesso è uscito dal Team Ico. Sony dice che
egli sia ancora al lavoro sul titolo in questione, e spero sia vero, perché una
mancata uscita di The Last Guardian sarebbe un grosso danno all’intero medium
videoludico.
-Pezzo A cura di Locke-
Belo belo pure questo articolo lock, quanno ho letto che pe te Kojima nn era er maestro te stavo pe tirà un cartone in bocca, ma poi va detto ke hai spiegato popo bene er motivo, e in effetti Udea su qst è er mejio! Me dovrò gioca Ico allora, io ho giocato sl Shadow de Colossus su PS2! Su David cage invece c'hai raggio, a metà de heavy rain me se so addormentate le braccia, volevo giocà! XD
RispondiEliminann si kiamano kartoni, si kiamano animeee!!!!!!! 111
EliminaChe dire, ho cominciato da poco a seguire questo blog e mi è capitato di leggere questo blog e mi è capitato tra le mani uno degli articoli più veri che abbia mai letto. Intanto penso che non ci siano dubbi sul fatto che Miyamoto sia per certi versi il Dio dei videogiochi, poi molto bella l'analisi di come i videogiochi emozionano il giocatore e, se ci pensiamo, quello di un Heavy Rain è un modo per niente rivoluzionario di farlo. Alla fine prendi un film in CG, ci metti un personaggio che lo può esplorare, e due QTE, e puoi affidarti, per emozionare, alle tecniche già collaudatissime nel cinema. Ico invece ti emoziona con mezzi nuovi, ed è quindi una vera rivoluzione. Poi, dopo questo articolo, ho finalmente capito perché così tanta gente a ogni E3 si chiede "che fine ha fatto TLG?", e penso che mi toccherà unirmi al coro! :)
RispondiEliminaUn'ultima cosa che ho dimenticato: non fatevi sfuggire questo nuovo redattore, Locke, perché è veramente bravo! Locke, se mi leggi sappi che non vedo l'ora di leggere i tuoi prossimi articoli!
RispondiEliminaComplimenti Eugenio! Non mi intendo molto di videogiochi ma devo dire che mi hai fatto venire voglia di giocare ad Ico! Per citare Joyce, ho avuto un'epifania!
RispondiEliminaBellissimo articolo, wow! Mi è venuta voglia di giocare Ico!
RispondiEliminaComplimenti Eugenio, oltre che di Pascoli e D'Annunzio a quanto pare sai parlar bene anche di Kojima e Ueda ;)
RispondiEliminaWow, che articolone!
RispondiEliminaMolrog interessantem! Mi toccherà giocarmi Ico, BAZINGA!
RispondiEliminaBellissimo pezzo Eugenio!
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