domenica 10 marzo 2013

Deep Inside: Red Dead Redemption



 Per la prima volta, la rubrica Deep Inside viene curata da un  blog esterno: La Bottega del Bardo dedicato ai classici del passato PlayStation e non solo. 


Ah, il West. Eroi impavidi sparatorie fisarmoniche fischi pallottole che graffiano vacche tori deserti e messicani. Uno scioglilingua che la Rockstar deve aver sciorinato non poche volte prima di buttarsi a fare quel signor gioco che di nome fa Red Dead Redemption. Però dopo suddetta preghiera la loro natura ha ripreso il sopravvento e li ha fatti rendere conto come la mitizzazione non faccia per loro. Allora, come fare per raccontare il West con un’impronta meno legata ai canoni autocelebrativi e cadaverici? Con lo spaghetti-western. Quel cinema grezzo che negli USA ha influenzato tutti anche se solo o due persone lo hanno riconosciuto ufficialmente. Quindi eccoci qui. John Marston è un fuorilegge pentito, prima ancora che un cowboy. E’ stato costretto da autorità governative avide ad andare a ricercare ed uccidere i suoi ex compagni di scorribande, sotto la minaccia di morte della sua famiglia. Un uomo che dopo aver subito sacrifici atroci gli viene sbattuto in faccia il proprio passato per il puro interesse egoistico di qualcun altro. Che poi lui ci provi pure ad essere buono non ha senso, che poi tanto tutti se ne approfittano. Alla fine, chi è John Marston se non un altro antieroe di western all’italiana? E anche l’ambientazione non è da meno: quale modo migliore di raccontare una storia graffiante, se non inserirla in un contesto altrettanto graffiante? Quello di RDR è un West tutt’altro che patinato o rassicurante. Si capisce già dall’anno di ambientazione, il 1911: è una frontiera selvaggia che si è prolungata e riprodotta ben oltre la consunzione. La grande, costante malinconia dei tramonti, degli orizzonti, dei viaggi a volte la copre, ma se lo si guarda bene il West di Rockstar è pervaso da una sensazione tutta particolare, un senso di malato che si riflette nel corollario di comprimari che si affaccendano attorno a lui: ubriaconi, ladri, imbroglioni, venditori d’aria fritta, scienziati pazzi e razzisti, rivoluzionari edonisti. Tutto terreno fertile per inserire nella sua opera tantissime frecciate al suo mondo, quello reale, criticando il razzismo, la misoginia, la guerra e i guerrafondai, gli estremismi religiosi, la politica, la corruzione che pervade e avvelena tutto.
O meglio, quasi tutto. Sorprendentemente, gli unici personaggi che non sembrano toccati da questa devastazione sono proprio quelli femminili: Bonnie McFarlane, Luisa la rivoluzionaria, Abigail Marston. Il loro impegno è forza per John, il loro idealismo è cura mentale per la sua stanca psiche, è il conforto e il calore nel suo cuore, è la determinazione che lo fa andare avanti. Quasi a voler ribadire come solo le donne possono salvare un’umanità abbrutita e ormai impegnata solo a litigarsi gli avanzi del tavolo degli antenati. Ed il finale. Molti si sono lamentati della scelta della Rockstar, ma è opinione di chi scrive che sia tutt’altro che insensata. Si vede da come il tutto è stato orchestrato, fin dall’inizio, dal modo in cui la storia continua pure quando il cowboy torna dalla sua famiglia ora libera. Si perdona ai programmatori quello che sembra uno stiracchiamento della trama perché ci si è affezionati a zio John e non lo si vuole lasciare, ma poi si capisce che se fosse finito bene si sarebbero fermati molto prima, che i gesti quotidiani dell’uomo nei confronti della moglie e del figlio altro non sono che il suo testamento a noialtri giocatori. E che non poteva finire altrimenti: in un mondo di mostri come quello di Red Dead, mostro è chi per noi è normale e redento, e per questo va eliminato. Potrà piacere o non piacere, ma l’invito qui presente è quello di rispettare questa scelta.

Cavaliere Bardo 4/III/2765 (2013)

5 commenti:

  1. Salve,

    siamo un giornale online di arte e cultura chiamato Epì Paidèia, ci piace come scrivi e volevamo invitarti a collaborare con noi in forma occasionale inviandoci via email degli articoli scritti da te, li pubblicheremo a tuo nome inserendo il link del tuo blog.

    Facci sapere, la nostra email è Epipaideia@hotmail.it

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  2. Daje genisio sei forte!!!!!

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  3. Ma qual è il significato dei pentagamers?

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  4. Il fatto che siamo in cinque a curare il blog. :) Prima si chiamava Videogame-Review-Reloaded, abbiamo cambiato il nome da poco.

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