PentAGamers presenta: Un nuovo articolo in collaborazione con il blog:
Qualcuno ha definito il 2010 come
"l'anno d'oro dell'action su console". E ha ragione: in nessun altra
annata abbiamo avuto così
tanti prodotti di qualità
per un singolo genere. Uno dei primissimi, arrivato a Gennaio assieme alla
flessuosa Bayonetta, era Darksiders, opera prima dei Vigil Games in cui
impersonavamo Guerra, nientemeno che uno dei quattro Cavalieri dell'Apocalisse.
Il Cavaliere dell'Apocalisse, dopo un prologo in cui assistiamo alla sua
caduta, viene processato dall'Arso Consiglio, l'organo a cui lui e gli altri
tre pari suoi rispondono. Il suo crimine è
quello di aver innescato l'Apocalisse troppo presto, causando l'estinzione
della razza umana. Lui ha tuttavia risposto solo ad una chiamata, la rottura
del suo Sigillo. Determinato a scoprire chi l'abbia incastrato, parte per un
cammino di crescita. Il Consiglio non si fida, e gli vincola un'acida
Sentinella, un essere incorporeo che ha su di lui potere di vita e di morte.
L'essere è
anche molto meschino, e abuserà
spesso e volentieri di tale autorità. Verrebbe da pensare che un
personaggio così
tenga fede al suo nome: ma per il protagonista creato dalla penna di Madureira
il nome è
tutto fuorché
una garanzia di follia guerresca. Al contrario, egli è un essere sì sprezzante, ma anche ligio,
concentrato e con un senso del dovere molto forte. Proprio tale senso
dell'onore lo spinge ad essere fondamentalmente onesto, e la rabbia che prova è quella umanissima di un imputato
accusato ingiustamente. La sua missione è
un cammino di vendetta, e il fatto di essere stato incastrato anche da entità per definizione neutrali ha fatto
crollare qualunque fiducia nei confronti anche degli esponenti di Paradiso e
Inferno. Il mondo di Darksiders, infatti, è caratterizzato in maniera brutalmente
nichilista, in cui nessuna fazione, a dispetto del nome che porta, tende al
bene. Dove è
ovvio che le forze infernali non perseguono altro che il potere assoluto, le
forze del cielo non muovono un dito per fermarli. Guerra si aggira in questi meandri,
armeggiando con prigionieri ed esseri reietti. La sua concentrazione è totale, fredda. Dove la concezione
della mitologia antica vedeva il dio della guerra maschile come solo foga e
furia, il Cavaliere ha un codice a cui obbedire e la concentrazione è l'unico modo che ha per non
lasciarsi andare ad un delirio insanguinato. Controparte uguale ma complementare è Uriel, l'arcangelo femmina. Nei
combattimenti tra i due traspare non un'intenzione del tutto ostile, ma
piuttosto una conversazione attuata tramite lo scontrarsi delle loro due lame.
I due stringono un giuramento, simbolo evidente che comunica la fiducia rimasta
dentro di lui. E sarà
anche l'unica volta: la verità
del complotto lo investe dopo poco questo evento, e lo fa con fredda
spietatezza. Di fronte all'evidenza di essere stato tradito da tutti, ma
proprio da tutti, lo sfogo si concretizza prima nella battaglia finale contro
il Distruttore e poi nella sua ribellione di fronte all'ennesimo abuso
dell'odiosa Sentinella, la quale come ultimo oltraggio apostrofa in maniera
orribile proprio Uriel. Dopo la sconfitta anche di questo nemico, egli
comprende che non c'è
solo l'onore che governa il tutto, ma anche qualcosa di conducibile ad un rozzo
senso della giustizia, in modo che più
nessuno debba subire un tradimento così
pesante come quello che è
capitato a lui. E, assieme a questa realizzazione, ecco che Madureira ci
conduce ad una piccola considerazione finale, che cade assieme alle comete dei
altri tre Cavalieri: che in un mondo di voltagabbana, chi ha un minimo di senso
della lealtà
sembra davvero un re.
Cavaliere Bardo
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