sabato 30 agosto 2014

Il Giuramento Del Guardiano Parte 1

Pezzo a Cura di: Il Cavaliere Bardo

Non ho la presunzione di accendere un falò e mettermi a narrare, quella è competenza di altri di desertica provenienza. Credo proprio che dovremo accontentarci di una piccola lanterna, in modo che possa raccontarvi con lettere e pochi segni, la storia di un cavaliere antico in un universo da tempo dimenticato...

Regione di Garon, anno 312 dell'Era Civile (1312 d. L.)

Sebbene avesse smesso di tuonare da un po', il cielo non dava alcun segno di volersi
aprire. Piuttosto, mandava periodici sfoghi di pioggia che si sfogavano sugli alberi che
costeggiavano l'angolo della strada, oltre che ovviamente sulle pietre di cui essa stessa era
composta. Contemporaneamente a questo l'acqua stendeva sull'orizzonte un velo di
nebbia, sottile ma comunque sufficiente a limitare la visuale ai viaggiatori che, per obbligo
o per piacere, decidevano di intraprendere quel sentiero.
La pioggia picchettava con insistenza sopra la celata alzata del suo elmo. Quella
parte del suo equipaggiamento era l'unica direttamente esposta alle intemperie, il resto era
protetto da un mantello di lana lacero. Procedeva a piedi, sentendo le protezioni sulle
ginocchia e sulle spalle scricchiolare ad ogni passo sopra il selciato. Comunque era certo
che non mancasse molto all'arrivo in città: era partito di buon'ora quella mattina, dopo una
sosta in un accampamento situato nella strettoia d'ingresso del Valico di Augus.
Nonostante il freddo e la scomodità del giaciglio di paglia, l'idea di essere circondato da
una palizzata alta due volte un uomo gli aveva donato sicurezza.
I suoi pensieri furono bruscamente interrotti: dalla nebbia era provenuto uno strano
lamento, unito al gemere di quello che sembrava legno. Aumentò il passo quando vide
delle sagome prendere forma nella nebbia più avanti, due piccole ed una più grande. Si
rese conto troppo tardi che con tutto il rumore che faceva lo avrebbero scoperto subito. Le
forme andarono prendendo colore, formando una scena presa di forza da qualche dramma
teatrale di quelli che aveva visto da bambino.

Tre uomini armati con indosso armature di cuoio bollito circondavano un carro prossimo a
rovesciarsi, incagliato nel fango. Da esso saltarono fuori degli uomini armati vestiti di
rosso scuro, che andarono ad affrontarli. Il primo menò un fendente contro il bandito al
centro, che lo parò con lo scudo e lo trapassò da parte a parte con la lancia. Il secondo fu
preso alla gola e sgozzato da quello più piccolo. Il terzo, di fronte ad una spada a due
mani, non trovò altra soluzione che gettare le armi e alzare le mani, cosa che gli fruttò solo
una morte rapida da parte di quella stessa arma.

Proprio come nei drammi teatrali, fu l'istinto a comandare le sue azioni: diede una
nuova iniezione di velocità alle gambe e prese lo scudo dalle cinghie dietro la schiena. Il
bandito con la spada a due mani lo vide: strattonò fuori dal vagone una donna,
puntandole un coltello alla gola perfettamente quando lui stava per mettere mano alla
spada. "Non fare l'eroe, Ser." gli intimò. Lui rimase per un momento interdetto, quando il
bandito si piegò indietreggiando, con un pugnale conficcato nell'addome. La donna aveva
qualche risorsa nascosta. L'uomo si rannicchiò dietro lo scudo e si buttò con tutto il suo
peso contro quello armato di lancia, che non riuscì a schivarlo e cadde riverso. Un colpo e
un gemito ebbero il risultato di far cadere la donna a terra. Il capo con la spada a due mani
si scagliò contro l'uomo con l'armatura, che deviò a destra e lo colpì al mento con lo scudo.
La spessa spada dall'elsa decorata uscì dal fodero dietro la schiena: era impossibile
sbagliasse il colpo.

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