sabato 12 luglio 2014

Speciale: Fumito Ueda e Il Videogioco D'autore

Ciò di cui vi andrò a parlare oggi è una questione che mi sta veramente a cuore.

Non sarò l’unico a lamentarsi per la quasi totale mancanza di informazioni sullo sviluppo di The Last Guardian, nuovo titolo di Fumito Ueda che sarebbe dovuto uscire per PS3. Molti dei più giovani, però, che non hanno avuto modo di giocarsi Ico o Shadow of the Colossus su PS2, difficilmente capiranno il motivo di tale apprensione da parte di tantissimi videogiocatori. Cercherò quindi di spiegarvi cosa rappresentarono,  e rappresentano tuttora, i precedenti titoli di Ueda nel panorama videoludico.

All’interno del mondo dei videogiochi, possiamo individuare due “macro-categorie” di titoli. La prima è quella dei giochi che hanno l’intrattenimento come unico fine, e, in modo assolutamente oggettivo, possiamo dire che il maestro di questo filone è indubbiamente Shigeru Miyamoto, che ha sempre creato ottimi video-giochi, con una particolare enfasi sulla parte “gioco”.

Vi  è poi un altro filone, quello dei titoli con l’obiettivo di emozionare il giocatore. Qui potrebbe risultare più difficile individuare un capogruppo, in quanto si tratta di una categoria nata da relativamente poco tempo, rispetto all’altra. Alcuni potrebbero "erroneamente" porre Hideo Kojima come leader di questa scuola, ma a parer mio, sbagliano, in quanto il creatore di Metal Gear non ha fatto che un ottimo “collage” di elementi, unendo a un gameplay ottimo filmati e sequenze - di ottima fattura - che si pongono l’obiettivo di narrare una storia e muovere il lato emozionale del giocatore. Il leader non è tantomeno David Cage, che altro non ha fatto se non ridurre al minimo il comparto ludico per dare più spazio agli elementi cinematografici, creando una sorta di film (poco) interattivi. Come i più brillanti avranno già capito, il vero maestro nel campo dei videogiochi finalizzati ad emozionare il giocatore è proprio Fumito Ueda. Pensiamo infatti un attimo a Ico, il titolo che lo ha portato al successo: la trama, in Ico, non è poi tanto complessa, non vi sono lunghi filmati né estenuanti dialoghi. La direzione artistica di ogni dettaglio del mondo di gioco è però impeccabile, e, assieme ad essa, ciò che più sorprende di Ico è come tale opera ci sappia emozionare utilizzando al meglio le possibilità offerte dal medium videogioco. Non più, quindi, un girare attorno al gameplay per sviluppare una trama emozionante, come in un Metal Gear qualsiasi (ma l’esempio di potrebbe fare con infinite altre saghe videoludiche), bensì un utilizzare la giocabilità stessa per tangere l’animo del giocatore. Nel gioco, infatti, impersoneremo un cornuto ragazzino, di nome Ico, che dovrà proteggere in ogni momento una leggiadra e misteriosa fanciulla, di nome Yorda. Proteggere Yorda dagli oscuri nemici, che cercheranno di trascinarla nell’oscurità, sarà proprio ciò che terrà impegnato il giocatore per la maggior parte della durata del titolo, causando un Game Over in caso di fallimento. Man mano che la sua sorte si troverà nelle nostre mani, finirà per crearsi in noi un senso di apprensione nei confronti della fanciulla, tanto da farci temere in ogni secondo che possa accaderle qualcosa. Una cosa simile non sarebbe possibile in altro media che non fosse il videogioco, ed è quindi questo il motivo che rende Ico un videogioco emozionale molto più di ogni altro uscito prima d’esso. Anche il suo sequel spirituale Shadow of the Colossus offre spunti molto interessanti, ma preferirei non trattarli in questa sede.

Una similitudine con Ico, nell’ultima generazione, possiamo rintracciarla solo in alcuni titoli indie, e per la precisione nelle piccole gemme di Jenova Chen, e in particolar modo in Journey, un titolo che nella sua semplicità sa emozionarci usando il gameplay. Tuttavia, i titoli di Jenova Chen non raggiungono la grandezza di Ico o Shadow of the Colossus, in quanto rimangono “piccole gemme”, molto minimaliste, senza l’aspirazione di essere titoli più complessi.

Dopo questa ampia premessa posso quindi dire perché The Last Guardian (di cui vi lascio l’ormai antico trailer a fine articolo) potrebbe essere, se ben realizzato, la nuova frontiera del videogioco emozionale. Ico ha indubbiamente innovato per i suoi tempi, ma, anche se con altri fini, di videogiochi in cui dobbiamo proteggere un Intelligenza artificiale ve ne sono stati parecchi. The Last Guardian, da quanto proposto in quel poco che sappiamo su di esso, inverte questa premessa: il ragazzino da noi impersonato sarà debole ed indifeso, ma potrà contare sull’aiuto di un enorme creatura, di nome Trico, gestita dall’IA. La direzione artistica di quanto visto è poi superba in ogni suo aspetto, ma la domanda che viene spontaneo porsi è: come sarà un titolo in cui io, videogiocatore, sono in balia degli eventi, e devo contare su una forza a me esterna? Di una cosa sono però certo: se c’è un uomo che può non solo uscirsene con idee così apparentemente bizzarre, ma anche trasformarle in capolavori, costui è Fumito Ueda.


Spero quindi che Sony faccia presto luce sullo sviluppo di questo titolo, il cui destino sembra  sempre più incerto a partire da quando Ueda stesso è uscito dal Team Ico. Sony dice che egli sia ancora al lavoro sul titolo in questione, e spero sia vero, perché una mancata uscita di The Last Guardian sarebbe un grosso danno all’intero medium videoludico.

-Pezzo  A cura di Locke-

10 commenti:

  1. Belo belo pure questo articolo lock, quanno ho letto che pe te Kojima nn era er maestro te stavo pe tirà un cartone in bocca, ma poi va detto ke hai spiegato popo bene er motivo, e in effetti Udea su qst è er mejio! Me dovrò gioca Ico allora, io ho giocato sl Shadow de Colossus su PS2! Su David cage invece c'hai raggio, a metà de heavy rain me se so addormentate le braccia, volevo giocà! XD

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  2. Che dire, ho cominciato da poco a seguire questo blog e mi è capitato di leggere questo blog e mi è capitato tra le mani uno degli articoli più veri che abbia mai letto. Intanto penso che non ci siano dubbi sul fatto che Miyamoto sia per certi versi il Dio dei videogiochi, poi molto bella l'analisi di come i videogiochi emozionano il giocatore e, se ci pensiamo, quello di un Heavy Rain è un modo per niente rivoluzionario di farlo. Alla fine prendi un film in CG, ci metti un personaggio che lo può esplorare, e due QTE, e puoi affidarti, per emozionare, alle tecniche già collaudatissime nel cinema. Ico invece ti emoziona con mezzi nuovi, ed è quindi una vera rivoluzione. Poi, dopo questo articolo, ho finalmente capito perché così tanta gente a ogni E3 si chiede "che fine ha fatto TLG?", e penso che mi toccherà unirmi al coro! :)

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  3. Un'ultima cosa che ho dimenticato: non fatevi sfuggire questo nuovo redattore, Locke, perché è veramente bravo! Locke, se mi leggi sappi che non vedo l'ora di leggere i tuoi prossimi articoli!

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  4. Complimenti Eugenio! Non mi intendo molto di videogiochi ma devo dire che mi hai fatto venire voglia di giocare ad Ico! Per citare Joyce, ho avuto un'epifania!

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  5. Bellissimo articolo, wow! Mi è venuta voglia di giocare Ico!

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  6. Complimenti Eugenio, oltre che di Pascoli e D'Annunzio a quanto pare sai parlar bene anche di Kojima e Ueda ;)

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  7. Molrog interessantem! Mi toccherà giocarmi Ico, BAZINGA!

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