lunedì 6 maggio 2013

Curtain Fall: Dead Space 3 e il futuro del Survival Horror


Un po’ di tempo fa un pezzo grosso come Resident Evil venne accusato di aver perso di vista le proprie radici, focalizzando il tutto sull’ action, la grande calamita dell’utenza più casuale. Sarà vero? Non vale la pena parlarne in questa sede.

Se avete frequentato un po’ queste pagine avrete però sicuramente notato come Dead Space 3 sia ancora in grado di fare paura. Il che ci porta alla domanda principe: il survival-horror è morto?
Il survival-horror è un genere che impone al giocatore di “attraversare un ambiente ostile con a disposizione poche o irrisorie risorse”. Ovverosia, obbliga all’azione senza competenza. E sapete perché funziona? Perché sa essere, nonostante tutto, profondamente liberatorio quando concede al giocatore la facoltà di difendersi e prevalere sugli orrori. Non è, come potrebbe sembrare, l’idea di “uccidere l’incubo” ad essere liberatoria, ma bensì quella di “divenire parte dell’incubo”. L’incubo in sé, la situazione sconosciuta trasforma la personalità umana spingendola a compiere azioni che in un contesto cosiddetto “normale” non sarebbero permesse. L’azione “illecita” da noi compiuta nell’incubo ci riconduce alla normalità distorta dell’incubo stesso. Ecco quindi spiegata la sensazione selvaggia che ci viene in mente smembrando necromorfi o quando assestiamo loro il caratteristico pestone del buon Isaac: è la ricompensa, effimera ma tale, alla sensazione combinata di mostruosità e inquietudine che si utilizza per veicolare la paura nella mente di chi sta giocando.
Tuttavia è opinione di chi vi scrive che la via per chi vuole davvero spaventarsi mentre gioca sia un’altra, e passa attraverso due parole: Indie ed Impotenza. Forse l’unico modo per evitare una deriva nei confronti dell’action sta proprio nel offrire al giocatore la fuga come unico strumento di difesa dall’ incubo. Non serve sangue o altro, basta solo questo, il buio e il dono della sintesi e il raccapriccio si crea, polverizzando nervi e facendo perdere la possibilità di addormentarsi. E finora, in un mercato sempre più piegato alle esigenze del guadagno, solo le case indipendenti sembrano in grado di poter reggere questa sfida. La via sta nel proporre personaggi o anonimi o che si svelano poco a poco, come ci ha insegnato il Silent Hill dei tempi d’oro. Sta nel dotare il giocatore di una semplice visuale in prima persona o dell’esiguo cono di luce di una torcia, per alzare la tensione, sta nell’ usare il pixel del colore giusto, sta nel costringerlo in una gabbia blindata di apatica solitudine ed obbligarlo ad uscire con il solo ausilio di una piccozza. Cercate Lone Survivor e capirete di che cosa si sta parlando qui. Perché tocca capire che la paura, quella vera, ti viene quando hai da pensare in fretta, e solo per sfuggire. Quando devi trovare un nascondiglio perchè qualche cosa sta cercando di sfondare la porta e non puoi combattere.

Rispondendo dunque, alla domanda iniziale il Survival-Horror non è morto ha solo cambiato cappuccio. Per concludere attenti a Slenderman.

 Articolo a cura del Blog La Bottega del Bardo

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